Kebhouze. Il fenomeno F&B che parla ai giovani
Oliver Zon, fondatore e general manager di Kebhouze
ESPLOSA NEL 2022, LA CATENA MONOPRODOTTO KEBHOUZE MIRA A SDOGANARE IL KEBAB IN ITALIA PARLANDO A FAMIGLIE E GIOVANISSIMI. L’INTERVISTA AL FONDATORE OLIVER ZON
#ristorazione #manager #ubri
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Kebhouze, il recente fenomeno di ristorazione veloce dedicato al kebab, nato ed esploso nel 2022, mira a un fatturato 2023 in crescita dai 5,5 milioni ai 12 milioni di euro. Obiettivo: riempire il vuoto di mercato in Italia costituito dall’offerta monoprodotto di kebab, rendendolo un piatto non gourmet ma standardizzato, ideale anche per famiglie e giovanissimi. Fondatore e GM di Kebhouze è Oliver Zon, oggi membro di UBRI – Unione Brand Ristorazione Italiana. Lo abbiamo intervistato per capire meglio la reale rotta di Kebhouze.
RECENTEMENTE I MEDIA HANNO DATO MOLTO SPAZIO ALLA NOTIZIA DEL BILANCIO IN ROSSO PER IL 2022. CHIARIAMO. KEBHOUZE: IN ESPANSIONE O IN PERDITA?
«Il bilancio 2022 si è chiuso con 5,5 milioni di ricavi e una perdita di 1,3 milioni. Un bilancio in perdita è del tutto normale per una società in fase di lancio e in linea con il piano industriale che abbiamo realizzato. Oggi Kebhouze conta 24 store, suddivisi per un 40% su strada e un 60% in centri commerciali. Entro la fine del 2023 miriamo ad aprire altri 4 punti vendita. Abbiamo inoltre appena firmato per la nuova apertura a Londra, a Oxford Street. Contiamo 149 dipendenti che, con le nuove aperture, andranno a crescere».
COME È NATO KEBHOUZE?
«L’idea nacque già nel luglio 2021. Io mi occupavo di comunicazione nell’ambito ristorativo. Abbiamo studiato diversi prodotti, convinti che il monoprodotto fosse la soluzione ideale per il mercato odierno. Abbiamo coinvolto sul piano del finanziamento Gianluca Vacchi e siamo andati a riempire un vuoto di mercato: ci sono, infatti, tante catene di kebab ma nessun brand di riferimento per questo prodotto».
INTERLOCUTORI PRIVILEGIATI SONO I GIOVANI. LA SCELTA DEL NOME NON È CASUALE
«Abbiamo voluto essere fin dalla nascita vicino ai giovani e giovanissimi, la cosiddetta generazione Z, di cui Kebhouze porta il nome nella “Z” di “houze”. Guardiamo molto anche al segmento family. Basti pensare che dei 600.000 kebab venduti nel primo anno, 55.000 sono state confezioni Kebby Meal, dedicate ai più piccoli e alle famiglie».
IL KEBAB SI ASSOCIA A UN IMMAGINARIO F&B BEN CARATTERIZZATO. IL VOSTRO OBIETTIVO È UN ALTRO. QUAL È LA STRATEGIA?
«La nostra sfida è quella di entrare nel mercato e sdoganare il prodotto, in un mercato oggi ancora diffidente in Italia. Prima di tutto occidentalizzando il format. Anche al punto di vista della comunicazione. Abbiamo carni (di diverse tipologie: pollo, vitello, tacchino e black angus) prodotte specificatamente per noi, dove abbiamo standardizzato il taglio del kebab, un grosso problema per questa tipologia di offerta. Nei nostri laboratori tagliamo a laser il kebab e lo abbattiamo sotto azoto in buste da 1 kg pre grigliate e pre cotte. Il che ci permette un controllo incredibile sugli sprechi e massima sicurezza alimentare».
UNA STRATEGIA CHE GUARDA ANCHE A UN PUBBLICO VEG E GLUTEN FRIENDLY
«La sezione vegana è presente già fin dalla nascita del nostro format. La comunità vegana cuba circa il 20% del totale. Prima di noi non esisteva un kebab plant based, come per esempio esisteva per l’hamburger. Per farlo, abbiamo stretto una partnership forte con Planted, casa svizzera. Abbiamo anche prodotti gluten friendly, come le riseballs. Le definiamo gluten friendly in quanto non abbiamo laboratori dedicati specificata-mente al gluten free. Tutte scelte che ci hanno aperto anche alla fascia di clientela femminile e alla consumazione del kebab in qualsiasi orario. E che ci permettono oggi di registrare fatturati in crescita dall’1% al 7% in quasi tutti i punti vendita».
TRA LE SCELTE CHIAVE ANCHE UNA LINEA CHIARA NELLA GESTIONE DELLE FORNITURE
«Abbiamo voluto blindare fin dall’inizio i nostri fornitori. Con accordi duraturi. Abbiamo un accordo per la carne di 10 anni. Un accordo con Heinz per le salse. Vogliamo essere un brand riconoscibile che faccia del suo prodotto garanzia. Un’altra par tnership è con Ferrero: sui pro-dotti Nutella e Kinder Joy. E con Coca Cola. Abbiamo inoltre due birre artigianali a marchio nostro. E acqua brandizzata in Tetra Pak».
ALLA BASE DI TUTTO C’È UNA STRATEGIA DI COMUNICAZIONE INNOVATIVA
«Abbiamo creato una mascotte, un character vero e proprio sul modello disneyano: Keb. Con una vita propria, raccontata attraverso i social e con apparizioni ad hoc da Milano a Roma a Ibiza. All’inizio ci chiedevano se agli eventi sarebbe venuto Gianluca Vacchi. Oggi ci chiedono “Ma Keb viene?” E si fanno i selfie con lui. Abbiamo sostituito alla foto prodotto un personaggio che potesse comunicare ai giovani con il loro linguaggio: Keb parla come loro, si veste come loro, è uno di loro. È importante ricordarsi, però, che non tutto è comunicazione. Il prodotto resta ciò che ha più valore».
IL FUTURO?
«Per il 2023 ci aspettiamo una crescita importante con un fatturato previsto di 12 milioni. A settembre lanceremo il franchising e abbiamo appena firmato a Oxford Street il grande lancio per l’apertura di Londra tra settembre e ottobre».
Oliver Zon con lo staff di Kebhouze in Corso Buenos Aires a Milano
La sede del nuovo store Kebhouze a Londra
KEBHOUZE
Catena di fast-food italiana dedicata verticalmente al kebab, Kebhouze nasce a fine 2021 e vive nel 2022 una forte crescita. Oggi conta 24 punti vendita, di cui uno a Ibiza. A settembre 2023 è previsto il lancio del franchising (scrivere a: franchising@kebhouze. com) e una nuova apertura a Londra.
UBRI
Unione Brand Ristorazione Italiana nasce nel 2020 e costituisce il primo caso di sinergia tra Aziende concorrenti della Ristorazione organizzata in catena.
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